Il mistero alchemico del buffone

Amici molto cari,

Mi fa piacere far giungere a tutti voi un commento interessantissimo sulla figura che nei tempi medievali era chiamata BUFFONE.

IL MISTERO ALCHEMICO DEL BUFFONE

Per prima cosa dobbiamo sapere che l’arte trasmutatoria fu ed è piena di misteri, chiavi, simboli ecc. ecc. ecc. Uno dei grandi misteri di quest’arte sacra è costituito dalla figura del buffone dei re. Quasi nessuno sa che dietro a quel travestimento usato da alcuni Iniziati si nascondeva l’enorme mistero del nostro Mercurio Segreto. Grazie al gran Adepto Fulcanelli, oggi possiamo comprendere profondamente la figura di questo personaggio che incarna i prodigi della nostra materia caotica, la quale ha la virtù di rigenerarci e farci autorealizzare.

In quei tempi medievali, l’Arcano A.Z.F. era un segreto molto ben custodito. Era richiesta la conoscenza di un vero Maestro che avesse la carità di iniziarci nei misteri della Pietra Filosofale e ci consegnasse tale chiave. Oggi, grazie al V.M. Samael Aun Weor, il velo che copriva i misteri della Grande Opera fu strappato totalmente, e sebbene molti non abbiano alcun interesse ad addentrarsi nei misteri dell’ESSERE, noi che, sì, siamo ansiosi di conoscerlo e di incarnarlo possiamo, allora, iniziare a compiere la grande traversata che ci deve condurre fino al Palazzo del Re.

Vi aggiungo, dunque, le parole del Maestro Fulcanelli scritte a riguardo nella sua opera Le dimore filosofali, sperando che siano comprese e valorizzate da tutti voi. Eccole qui:

«L’UOMO DEI BOSCHI, ARALDO MISTICO DI THIERSEL»

«In un vecchio almanacco che, con le Clavicole di Salomone e i Segreti del Grande Alberto, costituiva un tempo quanto di più ovvio del bagaglio scientifico dei ricettatori, si trova, tra le lamine che illustrano il testo, una singolare incisione su legno. Rappresenta uno scheletro circondato da immagini destinate a rappresentare le corrispondenze planetarie “con quelle delle parti del corpo che le riguardano e le dominano”. Ebbene, mentre a tal proposito il Sole ci offre la sua faccia radiante, e la Luna il suo profilo incrostato della fase crescente, Mercurio appare sotto l’aspetto di un pazzo di corte. Lo si vede con in testa un cappuccio da pellegrino con orecchie appuntite (come i capitelli che abbiamo segnalato alla base delle statuette) e mentre sostiene un caduceo a mo’ di scettro di buffone. Perché non ci sia spazio per interpretazioni erronee, l’artista si è preso la fatica di scrivere il nome di ciascun pianeta sotto il suo segno. Si tratta, dunque, di una vera formula simbolica utilizzata nel Medioevo per la traduzione esoterica del Mercurio celeste e dell’argento vivo dei saggi. Per il resto, basta ricordare che la parola francese fou (pazzo), prima si diceva fol, proviene dal latino follis, soffietto per il fuoco, per evocare l’idea del soffiatore, epiteto spregiativo dato agli spagiristi medievali. Anche più tardi, nel secolo XVII, non è raro trovare, nelle caricature degli emuli di Jacques Callot, alcune grottesche eseguite con lo spirito simbolico le cui manifestazioni filosofali noi studiamo. Conserviamo il ricordo di un certo disegno che rappresentava un buffone seduto con le gambe incrociate ad X e dissimulando dietro alla sua schiena un voluminoso mantice. Non sarebbe il caso di mostrarsi sorpresi, quindi, che i giullari di corte, molti dei quali sono divenuti celebri, avessero un’origine ermetica. Il loro abbigliamento multicolore, i loro strani fronzoli (portavano alla cintura una vescica che chiamavano lanterna), i loro salti e le loro mistificazioni ne sono la prova, così come quel raro privilegio, che li appaiava ai filosofi, di dire, impunemente, audaci verità. Infine, il mercurio, chiamato pazzo della Grande Opera a causa della sua incostanza e volatilità, vede confermato il suo significato nella prima lamina dei tarocchi, chiamata il pazzo o l’alchimista.

In aggiunta, lo scettro dei pazzi, che effettivamente è un sonaglio (crotalon), oggetto di intrattenimento di bambini piccoli e giocattolo della prima infanzia, non differisce dal caduceo. I due attributi offrono un’evidente analogia tra loro, sebbene lo scettro del buffone esprima, inoltre, quella semplicità innata che posseggono i bambini e che la scienza esige ai saggi. L’uno e l’altro sono immagini somiglianti. Momos ed Hermes portano lo stesso strumento, segno rivelatore del mercurio. Tracciate un circolo all’estremo superiore di una verticale, aggiungete al circolo due corna ed otterrete il grafico segreto utilizzato dagli alchimisti medievali per designare la loro materia mercuriale. Ebbene, questo schema, che riproduce piuttosto fedelmente lo scettro del buffone e il caduceo, era conosciuto nell’antichità; è stato scoperto inciso in una stele punica a Lilibeo. In fin dei conti, lo scettro del buffone sembra essere un caduceo, di un esoterismo più trasparente della verga dei serpenti terminata o no con il petaso alato. Il suo nome in francese, marotte, diminutivo di mérotte, ‘mammina’  secondo alcuni, o di ‘Maria’, la madre universale, secondo altri, sottolinea la natura femminile e la virtù generatrice del mercurio ermetico, madre e nutrice del nostro re.

Meno evocatore è il caduceo, che conserva, in lingua greca, il senso di annunciatore. Le parole κηρυκειον e κηρυκιον, designano entrambe l’araldo o banditore. Di per sé, la sua primitiva radice, κηρυξ, il gallo (perché questo uccello annuncia l’inizio del giorno e della luce, l’aurora) esprime una delle qualità dell’argento vivo segreto. È la ragione per cui il gallo, araldo del Sole, era consacrato al dio Mercurio e figura nei nostri campanili. Se niente, nel bassorilievo di Thiers, ricorda questo uccello, non si può tuttavia negare che sia occulto dietro al vocabolo del caduceo, che il nostro araldo sostiene con le due mani, giacché il bastone o scettro che portavano gli officiali di araldica si chiamava caduceo come la verga di Hermes».

«Le dimore filosofali», Fulcanelli

Vi faccio giungere questa bella immagine di una statua antica che il destino ha posto nelle mie mani. Si tratta di una cosa originale relazionata con questo racconto.

Il mistero alchemico del buffone

Si osservi che la figura porta i colori alchemici. Il suo abbigliamento è quasi totalmente rosso, il che indica o segnala la tintura rossa; tale colore segnala la fusione del Mercurio con lo Zolfo dei saggi. C’è però in alcune parti del suo abbigliamento simbolico una colorazione nera e gialla. Ricordiamo che il nostro Mercurio è nero al principio, poi bianco, quindi giallo e, in fine, deve trasformarsi in tintura rossa.

Vi annetto ora delle frasi per la vostra riflessione:

«Non ci si dovrebbe sorprendere che di potersi ancora sorprendere».
La Rochefoucauld

«Qual è la più sublime sorpresa? Quella di chi trova Dio dentro di sé».
Amado Nervo

«Siamo sinceri: in quello consiste il segreto dell’eloquenza e della virtù, in quello risiede l’autorità morale, quella è la più elevata massima dell’arte e della vita».
Amiel

«Esiste una cosa più prossima a noi della scrittura, ossia: il verbo, dal cuore del quale provengono tutte le scritture».
William Penn

Docendo discimus
─‘Insegnando impariamo’─.

KWEN KHAN KHU

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