Bisogna discutere un po’ con la mente quando non vuole obbedire. Dobbiamo rivolgerci alla mente dicendole, per esempio: “Mente, perché non mi obbedisci? Obbediscimi! Cosa vuoi, mente?”.
Più tardi, con lo sviluppo delle facoltà, la mente ci risponderà come se fosse un soggetto completamente differente. Ci dirà: “Io voglio questo” o “desidero questa altra cosa” o semplicemente attraverso un’immagine rappresentativa, attraverso una qualsiasi rappresentazione intellettuale, ci mostrerà quello che vuole. Allora potremo dirle: “Quello che stai desiderando, mente, non serve, è falso. Obbediscimi! Io sono la tua coscienza e tu, mente, mi devi obbedire!”.
Così, a poco a poco, la dominiamo. Bisogna imparare a discutere con lei, trattarla nello stesso modo in cui i mulattieri trattano un asino che non vuole obbedire.
Avrete visto, fratelli, come sono trattati i cavalli dagli addestratori. A volte li rimproverano persino ed è quello che dovremmo fare con la mente: trattarla come un asino o un cavallo, come qualcosa che deve imparare a obbedire.
Non dobbiamo essere schiavi della mente, perché se siamo schiavi della mente, falliremo. C’è un punto molto delicato durante la meditazione. Molte volte quando crediamo di aver raggiunto la quiete e il silenzio della mente, non è così. Allora bisogna frugare dentro, bisogna dire alla mente: “Mente che succede? Cosa stai desiderando? Perché non stai calma? Obbediscimi, devi stare calma!”
A volte, se avete un certo sviluppo delle vostre facoltà superiori, potrete vedere le rappresentazioni della mente. In quell’istante essa risponderà con tale o quale scena, in quel modo ci dirà quello che vuole. Ma, precisamente, quello è l’istante in cui bisogna sapere cosa rispondere, bisogna saper trattare la mente allo stesso modo in cui un mulattiere tratterebbe un somaro che non vuole stare calmo. E alla fine questa rimarrebbe quieta
Il Quinto Vangelo, conferenza “Meccanismi effimeri della mente”
Metodo per comandare la mente